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L'area archeologica adagiata sul colle Acremonte, nel punto più alto di Palazzolo, dove insistono i resti monumentali urbani di Akrai fondata intorno al 664/663 a.C. quali: il teatro greco, il bouleuterion, la latomie dell'Intagliata e dell'Intagliatella con le catacombe, il basamento del tempio di Afrodite, il santuario rupestre di Cibele ("Santoni") i templi ferali ("Santicello"), la strada ellenistico-
L'antico castello normanno
La Casa-
La villa comunale progettata e costruita nel 1880, con una vasta e varia presenza di piante di pregio;
Il cimitero monumentale;
Il museo dei viaggiatori in Sicilia istituito nel 2008;
Il museo delle arti nobiliari, in uno splendido antico edificio terminato di ristrutturare nel 2008;
Via Garibaldi con i vari palazzi, tra cui palazzo Ferla e palazzo Judica-
Corso Vittorio Emanuele
Le chiese più interessanti dal punto di vista artistico sono:
La chiesa dell'Annunziata eretta intorno al 1400, è la più antica chiesa di Palazzolo Acreide e fu ricostruita nel ’700 con uno straordinario portale barocco, con due colonne tortili binate decorate da frutta e viti. Qui era custodita la celebre Annunciazione di Antonello da Messina ora a Palazzo Bellomo di Siracusa.
La chiesa Madre,
La chiesa di S. Paolo,
La chiesa di S. Antonio,
La chiesa e il convento dei Cappuccini in via Nazionale,
La vecchia chiesa dei Cappuccini,
La chiesa di S. Michele,
La chiesa dell'Immacolata,
La chiesa di S. Sebastiano in piazza del Popolo, fu riedificata nel 1702 con una facciata di profilo piramidale in tre ordini decrescenti. L’ampia scalinata ottocentesca, oggi, ne esalta la proiezione verticale.
Da Pagine di Giuseppe Fava
...Io conosco ogni angolo, ogni pietra di questo luogo, le scalinate segrete che si infilano tra le case e sbucano sull’alto del monte, i minuscoli cortili, le antiche strade settecentesche, le fontane… Questa è la Piazza della Matrice, chiusa tra due piccole colline: da una parte la Chiesa Madre con la grande facciata e dall’altra la basilica di S. Paolo, tutta gremita di archi, colonne, e coronata in cima dalle statue degli apostoli.
Tutt’intorno, il fianco della montagna si apre dolcemente come una conchiglia: strade, terrazze, case, tetti, balconi, orti, scalinate, alberi, scendono in declivio fino a questa grande piazza deserta. I ricordi: il silenzio dei brevi pomeriggi d’inverno, le partite a calcio…
Ecco questo è il corso del paese, la strada più amabile che io conosca. Fiancheggiata da piccoli palazzi dell’800, essa scende dapprima in lievissimo declivio formando un’ampia curva e poi ricomincia a salire, sempre più ripida in rettifilo fin quasi alla cima della montagna. Le facciate dei palazzi sono verdi, azzurre e rosse, ma di quei colori antichi che la luce, il vento, la pioggia e il muschio hanno modulato per centinaia di anni e perciò si sono fatti tenui come un’ombra. Balconi ed architravi sono di pietra bianca e scolpita, ma anche sculture, ormai, levigate dal tempo, hanno assunto altre forme, più misteriose e sfuggenti. Sui grandi marciapiedi si aprono i negozi, i bar, i circoli. Ogni sera, un’ora dopo il crepuscolo, la strada si anima improvvisamente di migliaia di persone che passeggiano quietamente come un rito, le ragazze più belle sottobraccio, i tavoli dei bar affollati di studenti… Talvolta poi andavamo a mangiare salsiccia e ulive in una delle bettole sotto la cupola di San Michele.
Di là incomincia il quartiere più affascinante e segreto: interminabili scalinate che salgono, scompaiono sul fianco della collina, tra piccole case antiche, palazzi sgretolati, la vecchia torre dell’orologio in equilibrio sulla cima, i vicoli invisibili… Tutte le finestre hanno le tendine: i vasi di fiori sono disposti ovunque, sull’uscio delle case, sui davanzali, persino sulle tegole, le strade sono magicamente linde. Se incontrate qualcuno, sia uomo o donna, vi saluterà sempre, gentilmente per primo… Dove ora c’è quella tabaccheria sulla piazza c’era il circolo universitario. Questa era anche una delle piazze del veglione. I due veglioni di S. Paolo e S. Sebastiano.
Bisogna dire che ogni cosa si facesse in questo paese doveva essere fatta due volte e spesso l’una contro l’altra, come ci fossero nel paese due anime: l’una raccolta attorno alla vecchia chiesa di S. Paolo nel cuore della vallata, il quartiere più antico e decaduto, dove vivevano soprattutto le famiglie baronali e i contadini: l’altro sulla cima del monte, raccolto attorno alla chiesa di S. Sebastiano, nel quartiere nuovo dove c’era adunata la borghesia degli impiegati, negozianti, professionisti, dov’erano il corso, il bar, il municipio e il teatro.
Si combatteva per ogni cosa. Per esempio, il patrono era S. Paolo, nero, calvo, terribile, la spada balenante che aveva tagliato cento e una testa di cristiani, e lassù proclamarono un altro patrono, S. Sebastiano naturalmente, candido, bellissimo, intellettuale, legato ad un albero e trafitto da frecce d’argento, signore dei laureati, degli artigiani e degli studenti… Per cento anni infatti questa lotta rappresentò, nel microcosmo di questo paese siciliano, l’eco della evoluzione, e quindi di tutte le contrapposizioni della società italiana: l’antico e il nuovo, i nobili e gli artigiani, i borghesi contro i contadini finché l’accanimento cominciò ad acquietarsi, i baroni scomparvero, i figli dei contadini divennero medici ed avvocati, la violenza si trasformò in ironia e una sera di luglio del 1943 una tempesta di bombe anglo-
La passeggiata è finita. E’ quasi tramonto, il cielo è alto, rosso e luminoso ma il paese sembra dolcemente calare dentro l’ombra della montagna, bianco e grigio, con i colori della nostalgia, le grandi chiese, i palazzi antichi, le case pulite dei poveri. Cortese, dolce, amabile, gentile paese mio.
Il Dammuso dell'Orologio
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